Un’analisi con il contributo del Prof. Cesare San Mauro, autore del “Manuale di diritto delle reti nei mercati regolati”
Lo Stato delle Infrastrutture Italiane: Un Quadro Complesso
L’Italia vanta una rete infrastrutturale estesa, con autostrade, ferrovie, porti e aeroporti, ma deve affrontare criticità storiche come l’obsolescenza delle reti e una gestione frammentata. Cesare San Mauro, professore universitario e avvocato cassazionista, sottolinea come la rete autostradale italiana, progettata un secolo fa, necessiti di un urgente ammodernamento per rispondere alle esigenze moderne, soprattutto nel trasporto merci, dove l’87% viaggia su gomma contro il 70% della Germania, per esempio.
Società a Partecipazione Pubblica e Gestione delle Reti
Premesse sulle Società Miste
Le società miste, che combinano capitale pubblico e privato, svolgono un ruolo chiave nella gestione delle infrastrutture. San Mauro, nel suo Manuale di diritto delle reti nei mercati regolati, analizza come queste realtà siano fondamentali per bilanciare efficienza e interesse pubblico, soprattutto in settori strategici come energia e trasporti.
Evoluzione e Tipologie
Dagli anni ’90, con le privatizzazioni autostradali, si è passati da un modello totalmente pubblico a uno ibrido. Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha assunto un ruolo centrale, acquisendo quote di società concessionarie, come nel caso della Salerno-Reggio Calabria (gestita da Anas) e della Roma-Milano (controllata da CDP) .
Le Società “In House”
Queste società, interamente controllate da enti pubblici, garantiscono flessibilità nella gestione dei servizi locali. Tuttavia, i rischi di opacità e inefficienza, suggeriscono l’importanza di nuove regole chiare per evitare distorsioni del mercato.
I Golden Power
Il Golden Power, strumento di difesa degli asset strategici, è stato recentemente al centro del dibattito su operazioni come l’OPA di Unicredit su BPM. San Mauro critica l’uso strumentale di questo meccanismo, evidenziando come sia essenziale distinguere tra controllo effettivo e mere partecipazioni azionarie per evitare conflitti.
Autostrade e Ferrovie: Tra Privatizzazioni e Nuove Leggi
La legge sulla concorrenza del 2024 segna una svolta per le autostrade: istituisce un’autorità indipendente per regolare tariffe e investimenti e promuove l’intermodalità, riducendo la dipendenza dal trasporto su gomma. Intanto, il piano Delrio (2014-2020) mira a potenziare le ferrovie meridionali, con 1,8 miliardi di euro destinati al Sud, sebbene restino sfide legate alla frammentazione geografica e alla resistenza dei trasportatori locali.
Verso un Futuro Sostenibile
Per San Mauro, la chiave è investire in innovazione e integrazione:
- Modernizzare le reti ferroviarie per ridurre il traffico merci su gomma.
- Potenziare porti e aeroporti con tecnologie digitali, come dimostra l’esempio delle dogane informatizzate.
- Promuovere veicoli elettrici e sistemi di pagamento automatizzati nelle autostrade.
Scopri il “Manuale di diritto delle reti nei mercati regolati”
Se vuoi approfondire le dinamiche giuridiche, economiche e tecniche delle infrastrutture italiane, il libro di Cesare San Mauro è un riferimento indispensabile.
“Manuale di diritto delle reti nei mercati regolati” (Giappichelli, 2024) offre:
- Un’analisi multidisciplinare di energia, trasporti, comunicazioni e acqua.
- Approfondimenti su privatizzazioni, società miste e Golden Power.
- Prospettive future per un’Italia più efficiente e sostenibile.
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Sono rimasto molto colpito dall’affermazione di un membro del governo che contro la opa di Unicredit su Bpm possa esercitarsi il golden power, con l’argomentazione che Unicredit sia un’impresa a capitale straniero. Molto è stato scritto sulla trasformazione, originata dalle molteplici censure della Corte di giustizia dell’Unione Europea, della golden share, legata a una partecipazione societaria pubblica nella società cessionaria, nel golden power, che si regge sul potere attribuito al governo di impedire la cessione o comunque atti di straordinaria amministrazione di imprese operanti in settori strategici a capitali cosiddetti stranieri.
I settori strategici, originariamente circoscritti alla difesa e alla sicurezza nazionale, hanno trovato un successivo significativo ampliamento nelle reti infrastrutturali, nell’energia, nelle tecnologie, nella sanità, nelle telecomunicazioni, nei settori finanziari e assicurativi e persino nel settore agroalimentare. Resta fermo però il principio che tale istituto possa trovare applicazione solo in caso di rischio per la sicurezza e l’ordine pubblico e per la tutela dell’interesse nazionale in settori e filiere strategiche. I progressivi ampliamenti settoriali han fatto sì che nella prassi economica vengano notificate al governo acquisizioni, cessioni, fusioni, atti di straordinaria amministrazione effettuate da imprese italiane o da investitori italiani relative ad imprese e società anch’esse italiane. Orbene tale prassi, dettata dall’evitare il rischio di una sanzione per la mancata notifica, va ben oltre la ratio e la lettera della norma sul golden power. Ciò premesso appare lecito chiedersi se possa essere definita «straniera» una società come Unicredit ad azionariato diffuso con un capitale flottante pari al 100% delle azioni, quotata alla Borsa di Milano con una rete di sportelli e con un volume di raccolta e di impieghi maggiormente presenti sul territorio italiano. Mi corre l’obbligo di affermare che, nonostante avversa dottrina, a mio modesto avviso il golden power non è applicabile ai capitali provenienti dall’Ue, perché in tal caso ci troveremmo in una palese violazione delle norme eurounitarie in materia di libera circolazione dei capitali e tale applicazione sarebbe censurata dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo. Rammento che un’ipotizzata applicazione di tale istituto all’acquisizione da parte della francese Safran della Microtecnica non ha poi trovato applicazione. È certamente vero che a oggi il 38% del capitale di Unicredit faccia riferimento a investitori provenienti dagli Stati Uniti e un ulteriore 26% a investitori del Regno Unito, ma questa situazione ha un carattere fotografico e non dinamico, se si riflette che il 100% delle azioni è quotato. Se dunque l’elemento della proprietà contingente non è dirimente, esso, proprio per l’assenza di un azionista di riferimento stabile, difficilmente può qualificare come straniera un’impresa. Più logicamente per attribuire una nazionalità ad una banca dovremo fare riferimento alla sua sede legale, alla vigilanza della Banca Centrale Europea, al controllo della Consob, alla sottoposizione al giudice italiano dei suoi contenziosi, alla cittadinanza dei suoi dipendenti, alle citate provenienze dei risparmi raccolti e alle nazionalità delle imprese e delle famiglie che attingono ai suoi finanziamenti.
Altro e diverso discorso è la difesa dell’indipendenza e dell’identità di un istituto come Banco Bpm, che da sempre opera nel territorio con una forte integrazione economica e sociale. Ciò può essere correttamente perseguito ma non con il golden power.
*professore di diritto del Mercato e degli Strumenti Finanziari Università La Sapienza Roma
Sono rimasto molto colpito dall’affermazione di un membro del Governo che avverso la OPA di Unicredit su Bpm possa esercitarsi il golden power con l’argomentazione che Unicredit sia un’impresa a capitale straniero.
Molto è stato scritto sulla trasformazione, originata dalle molteplici censure della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, della golden share, legata ad una partecipazione societaria pubblica nella società cessionaria, nel golden power, che si regge sul potere attribuito al Governo di impedire la cessione o comunque atti di straordinaria amministrazione di imprese operanti in settori strategici a capitali c.d. stranieri.
I settori strategici, originariamente circoscritti alla difesa e alla sicurezza nazionale, hanno trovato un successivo significativo ampliamento nelle reti infrastrutturali, nell’energia, nelle tecnologie, nella sanità, nelle telecomunicazioni, nei settori finanziari e assicurativi e persino nel settore agroalimentare.
Resta fermo, però, il principio che tale istituto possa trovare applicazione solo in caso di rischio per la sicurezza e l’ordine pubblico e per la tutela dell’interesse nazionale in settori e filiere strategiche. I progressivi ampliamenti settoriali han fatto sì che nella prassi economica vengano notificate al Governo acquisizioni, cessioni, fusioni, atti di straordinaria amministrazione effettuate da imprese italiane o da investitori italiani relative ad imprese e società anch’esse italiane. Orbene tale prassi, dettata dall’evitare il rischio di una sanzione per la mancata notifica, va ben oltre la ratio e la lettera della norma sul golden power.
Ciò premesso appare lecito chiedersi se possa essere definita ‘straniera’ una società come UniCredit ad azionariato diffuso con un capitale flottante pari al 100% delle azioni, quotata alla Borsa di Milano con una rete di sportelli e con un volume di raccolta e di impieghi maggiormente presenti sul territorio italiano.
Mi corre l’obbligo, ancor prima di formulare la mia interpretazione, di affermare che, nonostante avversa dottrina, a mio modesto avviso il golden power non è applicabile ai capitali provenienti dall’Unione Europea, perché in tal caso ci troveremmo in una palese violazione delle norme eurounitarie in materia di libera circolazione dei capitali e tale applicazione sarebbe censurata dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo. Rammento che un’ipotizzata applicazione di tale istituto all’acquisizione da parte della francese Safran della Microtecnica non ha poi trovato applicazione.
E’ certamente vero che ad oggi il 38% del capitale di Unicredit faccia riferimento a investitori provenienti dagli Stati Uniti e un ulteriore 26% a investitori del Regno Unito, ma questa situazione ha un carattere fotografico e non dinamico, se si riflette che il 100% delle azioni e’ quotato. Se dunque l’elemento della proprietà contingente non è dirimente, esso, proprio per l’assenza di un azionista di riferimento stabile, difficilmente può qualificare come straniera un’impresa. Più logicamente per attribuire una nazionalità ad una banca dovremo fare riferimento alla sua sede legale, alla vigilanza della Banca Centrale Europea, al controllo della CONSOB, alla sottoposizione al giudice italiano dei suoi contenziosi, alla cittadinanza dei suoi dipendenti, alle citate provenienze dei risparmi raccolti e alle nazionalità delle imprese e delle famiglie che attingono ai suoi finanziamenti. Altro e diverso discorso è la difesa dell’indipendenza e dell’identità di una banca come BPM che da sempre opera nel territorio con una forte integrazione economica e sociale. Ciò può essere correttamente perseguita ma non con l’istituto del golden power.
Cesare San Mauro
Titolare della Cattedra di Diritto del Mercato e degli Strumenti Finanziari Facoltà di Economia Università La Sapienza Roma
Un quadro generale delle infrastrutture italiane
L’Italia può contare su una rete infrastrutturale sviluppata, che comprende autostrade, ferrovie, porti e aeroporti. Tuttavia, negli anni si sono evidenziate alcune criticità, come la manutenzione carente di alcune tratte autostradali e la necessità di ammodernamento di alcune linee ferroviarie.
Le privatizzazioni delle autostrade: un dibattito ancora aperto
Il processo di privatizzazione delle autostrade italiane è iniziato negli anni ’90, a ridosso del nuovo millennio, e ha visto il passaggio di importanti concessioni da enti pubblici a società private. Questo processo ha generato un dibattito ancora aperto, con sostenitori e detrattori che ne evidenziano rispettivamente i benefici (come l’aumento degli investimenti e l’efficienza gestionale) e i rischi (come l’aumento dei pedaggi e la minore attenzione alla manutenzione).
Il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti
Un ruolo centrale nelle privatizzazioni e nella gestione delle infrastrutture è stato assunto da Cassa Depositi e Prestiti (CDP), una società a controllo pubblico che ha partecipato a diverse operazioni di acquisizione di quote di società concessionarie autostradali.
Alcuni casi specifici: Ferrovie dello Stato e Raiway
Oltre alle autostrade, il processo di privatizzazione ha coinvolto anche altri settori, come quello ferroviario con la liberalizzazione del trasporto ferroviario e la creazione di società come Raiway per la gestione dell’infrastruttura ferroviaria.
Orizzonti e prospettive: verso un nuovo interventismo pubblico?
Il contesto politico italiano ed europeo è in continua evoluzione e si intravede una possibile nuova stagione di interventismo pubblico nel settore delle infrastrutture, con un maggiore coinvolgimento dello Stato nella pianificazione e nel finanziamento delle opere.
Conclusioni
Le privatizzazioni delle autostrade in Italia hanno rappresentato un cambiamento significativo nel panorama infrastrutturale del paese. Il dibattito sui loro effetti è ancora in corso e sarà interessante osservare come evolverà il ruolo del settore pubblico e privato nei prossimi anni.
Approfondimenti
Per approfondire il tema delle privatizzazioni e del diritto delle reti nei mercati regolati, si consiglia la lettura del libro “Manuale di diritto delle reti nei mercati regolati. Appunti: Capitolo Secondo – Le privatizzazioni” di Cesare San Mauro.
L’Italia guarda con crescente interesse a Starlink, il sistema di satelliti di SpaceX che promette di rivoluzionare l’accesso a internet nelle zone più remote, non escluderebbe il Paese dalla partecipazione al progetto europeo Iris2.
Un’apertura significativa è arrivata dall’Unione Europea la settima scorsa, che ha chiarito come ogni paese sovrano potrà decidere per se per il settore delle comunicazioni. Questa flessibilità è stata confermata da un portavoce della Commissione, sottolineando che, pur esistendo un regolamento europeo per Iris², gli Stati membri mantengono una discrezionalità significativa nelle loro scelte strategiche. L’entusiasmo per questa prospettiva è stato espresso dallo stesso Musk, che in risposta a un tweet di Matteo Salvini si è detto certo del successo di una simile partnership e ha anticipato un possibile interesse da parte di altri Paesi europei.
Il progetto Iris² europeo punta a lanciare 290 satelliti entro il 2030, con la collaborazione di importanti aziende come Eutelsat, Ses, Hispasat, Deutsche Telekom, Telespazio e Airbus. La decisione dell’Italia di valutare una collaborazione con Starlink si inserisce in un contesto competitivo dove la costellazione di SpaceX ha già acquisito un considerevole vantaggio, con oltre 6.400 satelliti già attivi. Questa disparità potrebbe influenzare le scelte degli Stati membri, che saranno chiamati a bilanciare le esigenze di sovranità digitale con le necessità immediate dei propri cittadini.
La differenza tra le dimensioni delle due costellazioni, con Starlink che vanta migliaia di satelliti già in orbita e Iris² che ne prevede solo poche centinaia entro il 2030, si traduce in una evidente disparità in termini di costi e tempi di realizzazione. L’infrastruttura già esistente di SpaceX, supportata dai potenti razzi Falcon9, consente all’azienda statunitense di offrire un servizio più economico e veloce. Al contrario, il progetto europeo, sebbene ambizioso, si trova ancora in una fase embrionale e potrebbe richiedere ulteriori investimenti e tempo per raggiungere la piena operatività.
L’Italia, con la sua partecipazione al consorzio Ariane6, ha già investito ingenti somme in un progetto che, nonostante i ritardi, potrebbe non garantire all’Europa una piena autonomia nel settore spaziale. Come ha sottolineato Andrea Stroppa, referente italiano di SpaceX, l’Italia ha una quota minoritaria nel consorzio e ha poca influenza sulle decisioni. Di fronte a questa situazione, una collaborazione con SpaceX potrebbe offrire all’Italia una maggiore flessibilità e una riduzione della dipendenza da attori esterni.
Ma affidarsi esclusivamente a un fornitore straniero come SpaceX per un servizio strategico come l’accesso a internet espone l’Italia a rischi di dipendenza tecnologica e potrebbe compromettere gli investimenti del PNRR destinati alla digitalizzazione del Paese. Sebbene le tecnologie satellitari offrano soluzioni innovative, la scelta di un’unica infrastruttura potrebbe limitare lo sviluppo di alternative più integrate nel tessuto produttivo nazionale, come la diffusione della fibra ottica. Questa scelta, infatti, potrebbe rallentare la realizzazione degli obiettivi del PNRR e rendere l’Italia più vulnerabile a eventuali interruzioni del servizio o a variazioni delle politiche commerciali del fornitore straniero.
“ll prodotto costa poco perché c’è un’autostrada vuota da riempire”, afferma un ex top manager italiano del settore tlc, che continua “tutte le tecnologie sono neutre: il satellite su una barca o sulla cima di una montagna è una cosa fantastica, il satellite a Milano non serve”.
Ragionamento non troppo diverso da quello dell’avvocato Cesare San Mauro, secondo cui l’Europa, e in particolare l’Italia “è piuttosto indietro nel campo e oggi la metodologia più efficace e più efficiente per le comunicazioni sarebbe quella di Starlink. Che non avvenga una trattativa privata. Musk ha le tecnologie e le metodologie per offrire un prezzo più basso”. Il problema, conclude, è che l’Europa “non ha avuto una visione tecnologica che l’abbia messa nelle condizioni oggi di essere pronta con un’alternativa nel momento in cui Starlink ha creato un monopolio naturale”.
Le decisioni che verranno prese in merito alla collaborazione con SpaceX avranno un impatto significativo sul futuro delle telecomunicazioni in Italia e in Europa. Sarà fondamentale valutare attentamente i pro e i contro di ciascuna opzione, tenendo conto non solo degli aspetti economici e tecnologici, ma anche delle implicazioni geopolitiche e sociali. La scelta di affidarsi a un unico fornitore potrebbe offrire vantaggi a breve termine, ma potrebbe comportare rischi a lungo termine. È necessario, quindi, che i decisori politici adottino una visione strategica di lungo periodo e che investano in modo sostenibile nello sviluppo delle infrastrutture digitali del Paese.