In risposta alle crescenti pressioni e alla crisi umanitaria che si sta verificando a Gaza, Israele ha annunciato la riapertura del valico di Erez e l’utilizzo del porto di Ashdod per consegnare aiuti tanto necessari alla regione. Questa decisione segue un appello del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ha sottolineato l’importanza degli sforzi umanitari e della protezione delle vite civili nelle zone di conflitto.
L’escalation recente delle tensioni tra Israele e Gaza ha suscitato preoccupazione a livello globale, con il timore di ulteriori violenze e instabilità che affliggono la regione. Il presidente Biden, in una recente conversazione con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ha sottolineato la necessità di un approccio articolato che ponga al centro sia le preoccupazioni di sicurezza che gli imperativi umanitari.
Netanyahu ha assicurato al presidente Biden delle capacità difensive di Israele, impegnandosi a facilitare il passaggio degli aiuti umanitari attraverso il valico di Erez. Inoltre, Israele si è impegnato a utilizzare il porto di Ashdod per rafforzare gli sforzi di aiuto in risposta alle pressanti richieste del presidente Biden.
Gli Stati Uniti e le Nazioni Unite hanno accolto con favore la decisione di Israele, riconoscendo l’importanza di un aumento degli aiuti umanitari nel mitigare le sofferenze della popolazione civile di Gaza. Tuttavia, entrambe le entità hanno sottolineato l’urgente necessità di sforzi continui per affrontare la più ampia crisi umanitaria e garantire una completa cessazione delle ostilità.
In mezzo a questi sviluppi, le tensioni tra Israele e l’Iran continuano a covare, con recenti incidenti in Siria che sollevano preoccupazioni per la stabilità regionale e la sicurezza.
Poiché la situazione in Medio Oriente rimane fluida e imprevedibile, soluzioni diplomatiche e un impegno per il rispetto dei diritti umani restano fondamentali per navigare le complessità del conflitto e promuovere una pace duratura nella regione.
Nel corso degli ultimi anni, i pagamenti digitali hanno guadagnato terreno in Italia, segnando un aumento significativo nel primo semestre del 2023. Secondo dati recenti, il numero dei pagamenti digitali nel Paese è cresciuto del 13%, raggiungendo un valore impressionante di 206 miliardi di euro. Questo fenomeno non è solo una conseguenza della modernizzazione tecnologica, ma anche dell’impatto della pandemia di Covid-19, che ha accelerato la diffusione dell’e-commerce e dei pagamenti senza contatto.
Il governo italiano ha abbracciato attivamente questa tendenza, sostenendo i pagamenti digitali come una strategia chiave per contrastare l’evasione fiscale e il riciclaggio di denaro. Inoltre, il sostegno governativo ha contribuito a promuovere un ambiente favorevole alla crescita dei pagamenti elettronici.
Nonostante un rallentamento nei pagamenti senza contatto, il valore complessivo dei pagamenti elettronici ha continuato a crescere in modo robusto, raggiungendo una cifra record di 6,2 miliardi nel primo semestre del 2023. Questo dato riflette la crescente accettazione e adozione dei pagamenti digitali da parte dei consumatori e delle imprese italiane.
La maggiore sicurezza offerta dai pagamenti digitali è uno dei principali motivi dietro la loro preferenza, anche per transazioni di importo ridotto. La comodità e la tranquillità di avere transazioni tracciate e protette sono diventate elementi essenziali per i consumatori moderni.
La Banca d’Italia ha giocato un ruolo chiave nel promuovere l’adozione dei pagamenti digitali. Alessandra Perrazzelli, vicedirettrice generale della Banca d’Italia, ha sottolineato il ruolo fondamentale dei pagamenti digitali nell’inclusione finanziaria e nella trasparenza delle transazioni economiche.
Guardando al futuro, l’introduzione dell’euro digitale rappresenta una svolta significativa nel panorama dei pagamenti digitali. Questo progetto richiederà una stretta collaborazione tra settori pubblici e privati, mentre il processo di preparazione è già in corso. Attraverso intermediari vigilati, l’euro digitale potrebbe diventare una realtà accessibile a tutti, contribuendo ulteriormente alla digitalizzazione dell’economia.
L’Italia è coinvolta attivamente nel processo di rinnovamento delle infrastrutture finanziarie digitali, in linea con le direttive dell’Unione Europea. Sebbene la transizione dalla moneta cartacea alla moneta digitale possa essere ancora sperimentale, è chiaro che l’Italia si sta muovendo verso un futuro digitale dei pagamenti con determinazione e impegno.
Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2010/40/UE sul quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto
https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-9-2022-0265_IT.html#_section1
Nella prestigiosa sede del Circolo Antico Tiro a Volo la Fondazione Roma Europea – presieduta da Giuseppe De Rita e con segretario generale Cesare San Mauro – ha ospitato il 21 luglio scorso il presidente della Rai Marcello Foa per ascoltare una sua relazione su come l’azienda pubblica radiotelevisiva ha affrontato la pandemia del Covid-19.
Ne è risultata non solo la tenuta dell’ente nella difficile situazione ma anche la sua capacità di cogliere l’occasione per riposizionarsi positivamente nei confronti del pubblico giovanile. Questa risposta ha rivelato ancora una volta l’impegno dei lavoratori della Rai a tutti i livelli e in tutte le mansioni.
“Ci siamo trovati ad affrontare una emergenza incredibile anche in RAI. L’azienda tanto discussa e denigrata è riuscita a rispondere ad una sfida notevolissima. Molte aziende hanno potuto e dovuto chiudere a causa della pandemia. Noi abbiamo tenuto aperto. Non c’è stato un solo buco nella programmazione anche se abbiamo dovuto operare in assoluta emergenza. Siamo riusciti a mettere in modalità di lavoro agile seimila collaboratori nel giro di pochi giorni e tutti hanno lavorato da casa con una flessibilità incredibile. Nel momento del bisogno i dipendenti hanno lavorato benissimo con uno spirito di servizio ammirevole. Anche chi era obbligato a presenziare negli studi pur avendo paura del virus ha lavorato con abnegazione. Gli studi televisivi e radiofonici sono andati avanti fornendo un servizio a qualunque ora del giorno e della notte”.
Il Covid ha ancora una volta dimostrato l’enorme impatto planetario del tam tam tribale costituito dalla televisione. Tutte le volte che ci sono eventi di grande portata, soprattutto se imprevisti, che sorprendono milioni o addirittura miliardi di persone, la televisione riscopre il suo ruolo. Investe in tempo reale intere comunità e solo in un secondo momento riaffiora il brulichio delle comunicazioni person to person caratteristiche dei social.
“È stata la rivincita della TV tradizionale, con un rialzo del 34,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Una impennata degli ascolti rispetto al passato. Questo è stato motivo di orgoglio per chi fa televisione. Gli italiani cercavano soprattutto la RAI in quei giorni di lock down. La RAI è stato un punto di riferimento. Il legame fiduciario è rimasto intatto. Si è sentito il servizio pubblico e la sua efficienza”.
La pandemia ha inevitabilmente innescato un confronto con le altre televisioni europee, e anche con quelle d’oltreoceano. Qui c’era da colmare un gap, quello costituito dal dinamismo di molti enti anche sulle piattaforme Internet, particolarmente seguite dal pubblico giovanile. La Rai non solo ha tenuto sul fronte delle trasmissioni tradizionali, ma ha anche realizzato un forte recupero sul fronte dei social attraverso RaiPlay, specie dopo le performances di Fiorello.
“Contrariamente alle altre emittenti europee la RAI non aveva creduto molto ai siti e con RAI Play abbiamo dovuto colmare in breve tempo questo gap. I dati di RaiPlay nel periodo del Covid sono stati entusiasmanti: c’è stata una esplosione di contatti. L’incremento dei registrati al sito è stato spettacolare. Vorrei fa notare la ripartizione per fasce d’età: i giovani rappresentano il 15%. Anche i più giovani hanno preso l’abitudine di andare su RaiPlay, cosa che prima non facevano, la loro fascia d’età era praticamente inesistente. Non era affatto scontato questo risultato”.
Nei primi tempi del contagio, l’Italia fu la nazione più colpita dopo la Cina, ed è stata rappresentata all’estero come un Paese da evitare, da isolare. Non è mancata qualche ignobile speculazione di media stranieri. Solo a poco a poco è stato riconosciuto il comportamento esemplare della maggior parte dei nostri concittadini durante il lock down e il grande impegno delle nostre strutture sanitarie.
“Tutto ciò si è accompagnato ad un processo di difesa da parte Rai della reputazione italiana nel mondo. Abbiamo preparato dei paper in inglese e siamo riusciti a far sapere al resto d’Europa la reale situazione italiana, abbiamo aiutato le altre TV e siamo riusciti a riscattare l’immagine negativa provocata dalle false notizie delle altre televisioni”.
C’è anche un lavoro molto importante svolto silenziosamente da rappresentanti Rai nell’ambito dell’organizzazione professionale che si chiama UER-EBU, European Broadcasting Union, che ha sede a Ginevra. Non pochi dirigenti e operatori di questa organizzazione sono ex dipendenti del nostro servizio pubblico.
“All’estero la RAI è una grande emittente vista con rispetto e ammirazione. Noi abbiamo anche un altro ruolo che non è molto noto: all’estero siamo molto più conosciuti e stimati di quanto non lo siamo qui in Italia. Spesso siamo più presenti noi di altri paesi come Germania Francia. Facciamo accordi di partnership strategica anche con partner del resto del mondo. Se l’Italia dovesse decidersi a fare sistema, la RAI sarebbe un elemento centrale per far conoscere il nostro paese nel mondo. Grazie al canale in lingua inglese possiamo diventare il portavoce dell’Italia nel mondo. La RAI è un capitale che non viene sfruttato come si dovrebbe”.
Ma anche l’immagine della Rai in Italia dovrebbe essere rivalutata, non solo sotto il profilo culturale ma anche economico.
“In Italia il servizio pubblico viene visto come spreco di denaro pubblico, spesso non è così, i dati dimostrano una realtà diversa. Attraverso la RAI lavorano in modo diretto e indiretto circa 25 mila persone, di cui circa 13mila dipendenti. A fronte di un gettito da canone pari a 1,8miliardi, generiamo un contributo al Pil pari a 2,3 miliardi. Dunque per ogni euro di canone ricevuto, la RAI dà vita a 1,3 euro di Pil. E se consideriamo che il nostro gettito fiscale è di circa 1,2 miliardi, emerge un quadro diverso rispetto ad alcuni preconcetti assai diffusi. Certo, oggi il servizio pubblico deve guadagnarsi la fiducia. Chi vive sulla pubblicità non ha fondi per investire nei momenti di crisi come invece noi, grazie al canone, possiamo fare. Siamo più stabili rispetto alle tv non pubbliche. Ma siamo anche sottoposti a forme di pressione che le altre aziende non hanno, polemiche continue che ci fanno lavorare con difficoltà. La RAI però svolge un servizio fondamentale e si guadagna ogni giorno sul campo la stima dei telespettatori, oggi anche di quelli digitali. Alla luce dell’esperienza del Covid la RAI deve aggiornarsi continuamente, sarà uno sforzo costante perché cambiano le cose molto velocemente. Oggi il servizio pubblico deve guadagnarsi la fiducia dei cittadini di tutte le età, deve fare uno sforzo creativo costante. Cerchiamo di stare al passo coi tempi affinché questo avvenga, l’auspicio è che possiamo lavorare con serenità essendo meno oggetto di polemiche e più di proposte costruttive”.
Martedì 13 ottobre p.v. alle ore 20.00, soci ed amici della Fondazione Roma Europea, incontreranno il Senatore Gian Marco Centinaio, già Ministro dell’Agricoltura e del Turismo presso il Circolo Antico Tiro a Volo, in Via Eugenio Vajna n. 21 – Roma.
Al termine dello speech del relatore seguirà una cena nella splendida cornice del Circolo.
Per partecipare all’evento è obbligatorio inviare una mail a: fondazione@romaeuropea.it
Il Foglio, giornale diretto da Claudio Cerasa, pubblica sabato 19 settembre 2020 le dichiarazioni del Prof. Avv. Cesare San Mauro a favore del Sì sul quesito referendario relativo al taglio dei parlamentari.
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